Nel centro di Milano si erge una costruzione di gusto tardo ottocentesco, molto cara alla memoria dei milanesi, specie di quelli veri: è la Casa di Riposo per Musicisti ‘Giuseppe Verdi’, per tutti molto più semplicemente ‘Casa Verdi’. Così il Maestro ha sempre voluto considerarla: non certo un ricovero per anziani, ma una vera casa, in cui tanti tra coloro cui, dopo maggiori o minori fortune artistiche, non fosse dato affrontare l’età anziana con il conforto di una sicurezza economica, potessero trovare un luogo in cui risiedere e condividere, con altri come loro, l’amore per la musica.
Divenuto ricco grazie al successo planetario delle sue produzioni artistiche, Giuseppe Verdi volle fortemente questa casa, di cui affidò il progetto all’amico architetto Camillo Boito, fratello di Arrigo che lo aveva accompagnato professionalmente per anni in qualità di librettista.
Iniziò a concretizzare quello che forse era già un progetto di lunga data nel 1889, quando acquistò il terreno necessario, operazione cui seguirono le opere di costruzione, iniziate nel 1895. Verdi, molto schivo nelle proprie faccende private, si recava personalmente sul cantiere a seguire i lavori di costruzione, quasi sempre insieme alla seconda moglie, Giuseppina Strepponi, sincerandosi che le opere venissero realizzate proprio come nei suoi intendimenti.
In Casa Verdi, che inizialmente ospitava cento musicisti anziani, 60 uomini e 40 donne, non dovevano esistere dormitori, ma stanze private, che ogni ospite avrebbe arredato con mobili e ricordi propri, circondandosi di cose care. Una serie di locali comuni, di soggiorno, di intrattenimento e per l’esecuzione di brani musicali, decorati con arredi nel gusto dell’epoca e con preziosi cimeli del Cigno di Busseto.
All’interno della costruzione si trova anche un appartamento privato del Maestro, arredato con i mobili e le suppellettili provenienti da una sua residenza genovese, in cui è possibile ammirare sia ritratti che sculture, suoi e della Strepponi, tra cui i busti della coppia benefattrice realizzati da un giovanissimo Vincenzo Gemito, alla ricerca di un incarico col cui provento potersi pagare l’esenzione dal servizio militare. Accompagnato e raccomandato da Domenico Morelli e Francesco Palizzi, il giovane artista colpì l’anziano maestro, che gli commissionò i ritratti che ancor oggi possiamo ammirare.
Tra i cimeli verdiani, la Casa conserva il primo orologio del Maestro, che ricevette in dono ancor ragazzo dal proprio insegnante, dono doppiamente prezioso perché all’epoca il giovane Giuseppe non avrebbe mai potuto permettersi un orologio e sempre gelosamente conservato; troviamo anche la sua spinetta ed altri effetti personali.
La presenza di Verdi negli ambienti è una costante: non solo egli sorveglia, nelle bronzee spoglie del monumento a lui dedicato sul piazzale antistante, la ‘sua’ casa ed i ‘suoi’ ospiti, ma le opere ed i ricordi musicali a lui riferiti decorano gli ambienti, in cui, da sempre, echeggiano ogni giorno suoni di strumenti o brani lirici, permettendo agli ospiti di continuare a vivere in una dimensione musicale che è sempre stata quella della loro vita.
Famosi artisti da sempre si recano in visita presso questa Istituzione, tenendo concerti ed intrattenendosi con i colleghi anziani: allo stesso tempo, giovani studenti delle discipline musicali vengono per potersi confrontare con gli ospiti ed ascoltare i loro consigli.
L’occasione per parlare di Casa Verdi ci è stata data da una fotografia d’epoca, un vero cimelio, datata 1937: in un interno della Residenza, un gruppo di anziani musicisti è all’ascolto di una radio, dotata di un raro altoparlante Safar. Una immagine bellissima, in bianco e nero, che mostra un gruppo di canuti signori intenti ed attenti alla trasmissione radiofonica.
Non molti, infine, sanno che proprio nella cripta di Casa Verdi il Maestro volle essere sepolto, avendo a fianco l’amata Giuseppina, per il viaggio più lungo. Inizialmente sepolto al Cimitero Monumentale, dopo un mese le sue spoglie furono traslate nella cripta di piazza Buonarroti, accompagnate da uno straordinario corteo di circa 300,000 persone e da un coro di oltre ottocento elementi che, sotto la direzione di Arturo Toscanini, intonava la celebre ‘Va’ pensiero’ tratta dal suo Nabucco. (ma58)
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